Protezione vaccinale: come valutarla nel cane e nel gatto

Protezione vaccinale: come valutarla

Valutazione della protezione vaccinale

Nella pratica veterinaria stanno prendendo sempre più piede i cosiddetti test in-clinics per verificare la protezione vaccinale. Si tratta di test diagnostici rapidi che rappresentano un utile strumento ausiliario per il medico veterinario per la gestione completa dei casi clinici.

Da qualche anno, infatti, il mercato veterinario propone dei test in-clinics per valutare la copertura anticorpale, e di conseguenza la protezione, nei confronti di alcune patologie (ma non di tutte) del cane e del gatto.

I test in-clinics sono test diagnostici rapidi che rappresentano un utile strumento ausiliario per il medico #veterinario per la gestione completa dei casi clinici | #ECM #ProtezioneVaccinale Condividi il Tweet

La valutazione della protezione vaccinale è infatti possibile solo ed esclusivamente per malattie prevenibili mediante vaccinazioni core.

Tutti i kit in-clinics oggi in commercio per valutare la protezione vaccinale nei confronti delle malattie prevenibili mediante le vaccinazioni core, sono stati concepiti mettendo a confronto le metodiche proposte con i gold standard, differenti per le diverse malattie.

Il medico veterinario può decidere di ricorrere a questi ultimi per avere un risultato ufficiale di protezione, considerando però la diversa tempistica (vari giorni) per ottenere il risultato atteso.

Protezione vaccinale e kit in-clinics: i gold standard

Con il termine gold standard si intende l’esame più accurato per confermare un dubbio diagnostico al quale ogni altro esame (soprattutto se nuovo) deve rapportarsi per avere una validità diagnostica.

Per le malattie del cane e del gatto prevenibili mediante vaccinazioni core, i gold standard principali sono rappresentati dalla sieroneutralizzazione (SN) e dall’inibizione dell’emoagglutinazione (HI). Altri possono essere rappresentati dall’ELISA e dall’immunofluorescenza indiretta (IFI).

Per le malattie del cane e del gatto prevenibili mediante vaccinazioni core, i gold standard principali sono rappresentati dalla #sieroneutralizzazione e dall’inibizione dell’#emoagglutinazione | #ProtezioneVaccinale Condividi il Tweet

Sieroneutralizzazione

Nella prova di sieroneutralizzazione (Serum Neutralization Test, SN o Virus Neutralization Test, VN) per la ricerca di anticorpi, il titolo di anticorpi neutralizzanti nel campione in esame può essere valutato mediante diluizioni seriali per raddoppio del siero in esame, che vengono mescolate con quantità standard di virus infettante e lasciate reagire a temperatura adatta per un tempo appropriato a seconda del virus (in genere 1-2 ore a temperatura ambiente).

Le diverse miscele virus-siero sono quindi saggiate per rilevare il potere infettante residuo mediante una procedura convenzionale di titolazione al punto finale che si realizza sul substrato biologico più idoneo.

La più alta diluizione del siero ancora in grado di prevenire i fenomeni legati alle proprietà infettanti del virus (effetti citopatici o lisi), rappresenta il titolo finale degli anticorpi neutralizzanti.

La SN è il gold standard per patologie come il cimurro del cane (CDV), l’epatite infettiva del cane (CAV), la rinotracheite virale del gatto (FHV-1) e la calicivirosi del gatto (FCV). In alcuni casi viene eseguita anche per la parvovirosi del cane (CPV-2) e per la panleucopenia del gatto (FPV).

La #Sieroneutralizzazione è il gold standard per patologie come il cimurro del cane (CDV), l’epatite infettiva del cane (CAV), la rinotracheite virale del gatto (FHV-1) e la calicivirosi del gatto (FCV) | #ECM #Veterinaria Condividi il Tweet

Inibizione dell’emoagglutinazione

Alcuni virus con envelope possiedono sulla loro superficie delle particolari proiezioni denominate peplomeri, di forma acuminata (spikes) oppure globosa (knobs). Si tratta di glicoproteine transmembrana, la cui funzione principale è quella di legare il virus al suo recettore cellulare e di favorirne l’ingresso nella cellula.

L’esempio classico è rappresentato dalle emoagglutinine, presenti sui paramyxovirus (es., virus del cimurro) e sugli orthomyxovirus (es., virus influenzali), che si legano al residuo terminale dell’acido N-acetilneuraminico (acido sialico), recettore per il virus sulla membrana cellulare.

Dal momento che gli acidi sialici sono presenti anche sulla membrana dei globuli rossi, questi virus sono in grado di causare, in vitro, l’emoagglutinazione, cioè l’aggregazione dei globuli rossi tra di loro.

I parvovirus, pur privi di envelope, possiedono analoga proprietà emoagglutinante e possono essere titolati mediante test di emoagglutinazione (Haemagglutination Test, HA).

Sfruttando la proprietà di questi virus di agglutinare i globuli rossi, il test di inibizione dell’emoagglutinazione (Haemagglutination Inhibition, HI) si basa sulla capacità di anticorpi virus-specifici di inibire questa reazione.

Per la sua esecuzione, una sospensione di globuli rossi viene aggiunta a una serie di miscele costituite da varie diluizioni, per raddoppio, del siero in esame e da una quantità standardizzata di virus, in genere 4 unità emoagglutinanti (UEA).

L'#InibizioneEmoagglutinazione è il gold standard per patologie come la parvovirosi del cane (CPV-2) e la panleucopenia del gatto (FPV) | #ECM #Veterinaria Condividi il Tweet

Dopo sedimentazione degli eritrociti, si procede alla lettura dei risultati. Il titolo degli anticorpi inibenti l’emoagglutinazione è rappresentato dalla più alta diluizione di siero ancora in grado di prevenire l’emoagglutinazione da virus.

Reazione di inibizione-emoagglutinazione-Missione Veterinario-MEI

La HI è il gold standard per patologie come la parvovirosi del cane (CPV-2) e la panleucopenia del gatto (FPV).

I kit rapidi in-clinics per valutare la protezione vaccinale

È ormai stato ampiamente dimostrato, sia con studi sierologici sia con saggi di infezione sperimentale, che la stragrande maggioranza dei cani mantiene un titolo anticorpale protettivo contro CPV-2, CDV e CAV per molti anni (almeno 7 o più, se non addirittura per tutta la vita).

Per il gatto, la correlazione tra anticorpi sierici circolanti e protezione contro l’infezione da FPV è ugualmente eccellente (almeno 7 anni). Bisogna però sempre considerare l’esistenza di una serie di situazioni e fattori che possono influenzare negativamente l’esito di una vaccinazione. Non si può mai dare per scontato che un soggetto vaccinato sia anche protetto. Il consiglio, quando possibile, è quello di valutare la reale protezione di ogni singolo soggetto.

Oggi lo si può fare direttamente anche in ambulatorio con dei comodi test in-clinics. Questi test permettono di conoscere lo stato anticorpale di ogni animale e decidere di conseguenza se rivaccinarlo oppure no.

Correlazione tra protezione e titolo anticorpale

Quando si parla di correlazione tra protezione e titolo anticorpale, le linee guida mondiali sul corretto approccio vaccinale per il cane e per il gatto danno informazioni discordanti.

Dalla mia esperienza ultraventennale mi sento di potere affermare che un animale che ha un titolo anticorpale elevato sarà ben protetto, mentre uno che ha un titolo anticorpale basso verosimilmente non lo sarà. Di conseguenza, per non rischiare, io consiglierei di vaccinarlo,

I test sierologici ambulatoriali cosiddetti in-clinics possono valutare agevolmente la presenza di anticorpi protettivi specifici per i 3 patogeni principali del cane (CPV-2, CDV, CAV) e del gatto (FPV, FHV-1 e FCV) per i quali sono previsti i vaccini core. Questi kit commerciali sono un complemento delle analisi di laboratorio tradizionali (cioè sieroneutralizzazione e inibizione dell’emoagglutinazione).

I test sierologici ambulatoriali in-clinics possono valutare agevolmente la presenza di anticorpi protettivi specifici per i 3 patogeni principali del cane e del gatto per i quali sono previsti i #VacciniCore | #ProtezioneVaccinale Condividi il Tweet

Le possibili applicazioni dei test rapidi

I principi di medicina veterinaria basata sull’evidenza (Evidence-Based Veterinary Medicine, EBVM) sottolineano come il testare lo stato anticorpale di un animale (cucciolo, gattino, adulto o anziano che sia) sia sicuramente una pratica migliore del somministrare un richiamo vaccinale semplicemente perché questo “è sicuro e costa meno”.

A far riflettere devono essere innanzi tutte le evidenze: le vaccinazioni con prodotti validi danno una protezione di lunga durata. La correlazione di questa con il titolo anticorpale dell’animale è nella maggioranza dei casi eccellente.

Nella Tabella 3 vengono riportate tutte le possibili applicazioni di tali test sierologici. Oltre alle applicazioni “classiche” riportate in tabella, alcuni dei test in-clinics, così come i gold standard, possono essere eseguiti anche prima della prima vaccinazione per stabilire il momento migliore per iniziare il protocollo vaccinale, vista la temuta interferenza degli MDA.

Possibili applicazioni-test in clinics-Missione-Veterinario-MEI

Alcuni test in-clinics, così come i gold standard, possono essere eseguiti anche prima della prima vaccinazione per stabilire il momento migliore per iniziare il protocollo vaccinale, vista la temuta interferenza degli #MDA | #ECM Condividi il Tweet

Testando un campione di sangue prelevato a un cucciolo all’età di 6-8 settimane, quando dovrebbe avere inizio la prima serie vaccinale con vaccini core, è possibile avere un’idea di quale sia la copertura anticorpale dell’animale in quel determinato momento, soprattutto per la parvovirosi e la sua temuta finestra di vulnerabilità.

Se la titolazione fornisce un valore basso (≤1:40 o meglio ancora ≤1:20) è possibile vaccinare subito il cucciolo; se invece la titolazione fornisce un valore elevato (≥1:40), basterà fare due conti basandosi sull’emivita degli anticorpi e sui valori soglia protettivi e stabilire agevolmente quanto tempo si dovrà aspettare per eseguire senza interferenza la prima vaccinazione, senza la necessità di ricorrere a un nuovo prelievo di sangue.

Cosa (non) dice la legge

Purtroppo, a oggi in Italia (come del resto in tutta Europa) manca una legge sui dispositivi medici veterinari, quali ad esempio i kit rapidi, diagnostici o di prevenzione che siano. Le uniche leggi a riguardo spiegano come importarli e quali sono i requisiti minimi previsti dalla normativa generale sulla sicurezza dei prodotti commercializzati nell’Unione Europea. Ma niente di più.

Ancora oggi il nostro Ministero della Salute, nella pagina web dedicata a questi dispositivi, spiega infatti che “Attualmente i dispositivi medici veterinari non sono regolamentati da una normativa specifica di settore, europea e/o nazionale, e dunque non esiste una definizione giuridica di dispositivo medico veterinario, ma possono essere identificati da alcune caratteristiche. Per la produzione, commercializzazione e l’impiego dei dispositivi medici veterinari devono essere rispettati i requisiti minimi di sicurezza previsti dalla normativa generale sulla sicurezza dei prodotti commercializzati nella UE”.

Quindi chi produce o distribuisce sul mercato italiano dispositivi medici veterinari deve garantire che i prodotti siano sicuri, ma non deve dimostrarne l’efficacia scientifica.

Tornando al caso dei test in-clinics, questi per poter essere utilizzati dovrebbero essere sottoposti a rigorose prove di validazione, allo scopo di dimostrarne accuratezza, sensibilità e specificità. Procedure a totale carico delle aziende che li producono, ma non obbligatorie: non è quindi detto che tutte le aziende le eseguano.

Se queste prove non ci sono, a volte (ma non sempre) ci pensano le aziende italiane che li importano, consce di questa grave mancanza; a volte invece ci si deve fidare solo di quanto riportato sulla confezione o nei dépliant dei prodotti importati.

Conclusioni

Dalla lettura di questo articolo emerge chiaramente la grande utilità e il grande potenziale dei test in-clinics. Questi test, se usati con regolarità e criterio, rappresentano un ausilio fondamentale per il medico veterinario che non vuole più vaccinare alla cieca i suoi pazienti, ma che desidera personalizzare il piano vaccinale in base al paziente che ha di fronte.

Questi kit hanno sempre più successo tra i veterinari che vogliono proporre ai clienti un’alternativa alla rivaccinazione di routine alla cieca con i vaccini core.

La decisione di ricorrere a questi test deve essere presa nella consapevolezza che molto probabilmente la vaccinazione non avrebbe alcun senso perché l’animale è ancora perfettamente protetto dalle vaccinazioni precedenti. Non solo si eseguirebbe un atto del tutto inutile, ma si esporrebbe anche senza motivo l’animale a un potenziale rischio.

La decisione di ricorrere ai test in-clinics deve essere presa nella consapevolezza che probabilmente la vaccinazione non avrebbe senso perché l’animale è ancora perfettamente protetto dalle quelle precedenti | #ProtezioneVaccinale Condividi il Tweet

Sul mercato italiano sono già disponibili diverse soluzioni in-clinics e molte sono in divenire. Si tratta di test ELISA indiretti (su supporto solido o in pozzetti) o di test immunocromatografici (lateral flow). Nella Figura 8 sono riportati i 6 principali test in-clinics in commercio in Italia. Nella Tabella 2 le loro caratteristiche generali, i valori di sensibilità e specificità e i valori soglia per la lettura dei risultati.

Esempi-test rapidi-in clinics-Missione-Veterinario-MEI


Sei un Medico Veterinario?
Iscriviti subito al Percorso Formativo Missione Veterinario per avere 36 crediti ECM

Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo Missione Veterinario della Dr.ssa Paola Dall’Ara: “Valutare la protezione vaccinale: sogno o realtà?”


CONTATTACI SUBITO per avere la versione integrale della lezione del Percorso Formativo Missione Veterinario “Valutare la protezione vaccinale: sogno o realtà?” della Dr.ssa Paola Dall’Ara

Consenso Trattamento Dati - NON verranno ceduti a terzi(obbligatorio)